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Alessandro Villa (1)
Storie di Volontari

Volontario: Francesca Schettino

Il mio nome è Francesca, sono forse una delle più giovani volontarie Enable e da pochi mesi mi sono laureata alla laurea magistrale in Ingegneria Biomedica. Perché ho scelto di avvicinarmi al mondo dell’ingegneria? Tutto è scattato qualche anno fa, alla fine dei miei cinque anni di liceo classico, quando stavo svolgendo volontariato con la mia scuola di nuoto presso i campionati paralimpici giovanili (FINP). Passando del tempo con quei fantastici ragazzi ho trovato una fonte di ispirazione enorme e guardandoli  ho capito di voler intraprendere un percorso ingegneristico, che guardo con un occhio più sociale. Voglio che che il mio lavoro sia utile alle persone nella loro vita quotidiana.

La mia fame di solidarietà però non si è fermata e nel 2021 sono entrata in contatto per la prima volta con l’associazione Energy Family Project e con il progetto Enable Italia. Nel 2021 ero alla  Maker Faire, a Roma, per seguire una conferenza di robotica. Girovagando in pausa pranzo tra i diversi stand sono stata subito catturata dalla bellezza dello stand Enable. Manine personalizzate e colorate, da supereroi a principesse, lì pronte ad essere provate da chi ne avesse bisogno. In quell’occasione ho conosciuto anche Alberto. Appena entrata in contatto con Enable ho iniziato a lavorare per creare  un ponte di contatto tra la mia università e l’associazione con l’obiettivo di divulgare il più possibile il lavoro dei volontari, informando con seminari ogni grado di scuola ed ogni livello di attività dell’associazione.

Ognuno di noi è unico e proprio per questo do il mio contributo ad Enable a mio modo: come ho già detto sono molto meno tecnica ma più sociale (nel vero senso della parola ecco perché infatti curo i canali social dell’associazione); mi occupo del ramo informativo, divulgativo e scrivo progetti per le scuole per educare i bambini a questo nuovo mondo di inclusione e solidarietà.

Enable mi da tanto, tra le esperienze più belle che porto con me c’è sicuramente il Maker Faire. Il nostro stand era pieno di bambini piccoli, con gli occhi sognanti che mi chiedevano “Cos’è un guanto? Posso provarlo?” e sfiderei chiunque a non voler provare un device stilizzato con BatMan. E proprio lì mi sono resa conto di essere io la prima persona a far sì che quei bimbi potessero entrare in contatto con il mondo dei device, con il mondo delle amputazioni, delle protesi e dell’inclusione. Cercare le parole per spiegare tutto questo ad un bambino è una delle cose più meravigliose del mondo. Lo scorso ottobre si è poi tenuto a Roma l’evento“Crea il mio device”. In quell’occasione  abbiamo lasciato libera la fantasia dei bambini che hanno creato idee per i dispositivi da progettare in base ai loro desideri. E si sa, dai bambini c’è sempre molto da imparare.

Perché ho scelto di diventare volontario? Perché calza perfettamente con il motivo per cui ho scelto di seguire la strada dell’ingegneria: legare i miei principi etici a quelli professionali. Cosa mi permette di arricchirmi? Penso di aver già parlato abbastanza ma forse posso racchiudere con una parola: TUTTO.

Autrice: Giulia Mariani

Alessandro Villa
Storie di Volontari

Volontario: Antonio Calò

Nascere alla fine degli anni settanta con un’agenesia portava con sé una serie di problematiche non indifferenti. Antonio ne ha affrontate diverse, e ora cerca di mostrare ai più giovani di lui quanto si possa fare tutto ciò che si desidera.

” Il Bambino più anziano della famiglia Energy Family Project “

Così si definisce, essendo lui nato con una malformazione all’arto superiore destro a causa della quale non ha mano e avambraccio. Le cause di questa agenesia? Ignote fino a poco tempo fa ora sembrano poter essere ricondotte all’assunzione di un particolare farmaco da parte della madre durante la gravidanza.

Nonostante lui viva da anni a Milano, spesso non ritrova dinamiche di inclusione, anzi. La mamma dovette battersi per permettergli di andare all’asilo, in quanto spesso rifiutavano le sue domande di ammissione, suggerendo di iscriverlo a scuole ‘per bambini diversi’. Con tenacia e perseveranza è riuscito a diplomarsi come geometra le 1985, venendo definito come uno dei migliori allievi dal professore di disegno tecnico.

“All’epoca non c’erano tutti i mezzi di oggi quindi io ho fatto tutto quello che potevo con quello che avevo.” Ma chissà se forse già in quella fase della sua vita, Antonio iniziava a comprendere il potere ispirazionale che poteva avere sugli altri.

La sua vita lavorativa è stata dinamica e ricca di studio. Partendo dall’essere un perito tecnico in grandi multinazionali ha poi preferito dedicarsi alla libera professione di geometra. Rimanendo curioso e attivo si è poi specializzato nell’informatica applicata all’edilizia ed è poi passato dall’essere consulente geometra a perito informatico.

Un giorno poi, per puro caso, si è imbattuto nell’associazione appena nascente: “non potevo non diventarne membro”. L’associazione infatti mira a ridurre le distanze e migliorare la vita di bambini e famiglie, abbattendo tutti quei muri e quelle difficoltà che Antonio e la sua famiglia hanno dovuto affrontare negli anni. Lui definisce incredibile quella sensazione di empatia e vicinanza che ha percepito appena entrato in contatto con le famiglie, e che a Milano non aveva mai percepito. E così subito è entrato in connessione con le famiglie, i bambini e gli altri volontari.

“Dopo periodo pandemico finalmente ci siamo incontrati di persona e questo mi ha permesso di conoscere l’associazione, i papà e le mamme. Ho capito il valore del contributo che posso dare e sto dando.”

Da poco Antonio è entrato anche nel direttivo dell’associazione. Il suo obiettivo principe è quello di dare giorno per giorno, attraverso la sua esperienza, gli strumenti di vita ai genitori e ai bambini perchè possano capire che si può essere in grado di fare tutto e non devono assolutamente darsi limiti. Diventare un punto di riferimento, una figura di ispirazione, insegnare attraverso l’esperienza, questo vuole essere Antonio Calò, un uomo meraviglioso e un volontario che si dedica in tutto e per tutto all’associazione e al progetto e-Nable.

“Con la vita che ho vissuto da solo non pensavo di poter dare, invece con l’associazione mi sento di potermi donare.”

Tenendo a mente questa sua vocazione ha aperto un profilo Instagram (@idmakerit) nel quale racconta di sé e delle sue attività manuali. Infatti da diversi anni si occupa di stampa 3D, falegnameria, elettronica e tanto altro. Lo scopo di questo profilo, dice, è far vedere cosa faccio ma anche come lo faccio. Spesso infatti è punto di riferimento non solo per persone che affrontano problematiche come la sua, ma anche per persone normodotate, che lo osservano lavorare e ne prendono ispirazione.

Antonio è un grande esempio di condivisione e forza.

Riccardo Stanchi
Storie di Volontari

Volontario: Riccardo Stanchi

Il mio nome è Riccardo, e sono un progettista CAD nel settore orafo. Se da un lato sono sempre stato interessato alla robotica e all’elettronica, dall’altro mi entusiasmano moltissimo anche la lavorazione del metallo e delle materie plastiche sia in ambito artigianale che in ambito industriale.

Sono entrato in contatto con l’associazione alla Maker Faire 2022, in quel contesto di leggera confusione mi ha subito colpito l’entusiasmo dei volontari con cui mi sono interfacciato. E così mi sono avvicinato ad un ambito che mi accattivava, come quello dei devices e delle protesi. Vedo la progettazione come una sfida, come qualcosa di complesso, e quindi accattivante. Infatti, per poter progettare un dispositivo, occorre tener conto di molteplici fattori che, seppur differenti, hanno tutti grande peso nel riuscire ad ottenere il risultato desiderato. Occorre, infatti, tener conto che il prodotto sia allo stesso modo adattabile a diversi individui, comodo, ma anche strutturalmente funzionale.

Al momento il mio contributo all’interno dell’associazione riguarda la stampa dei devices. Per ora ne ho stampati un paio. Vorrei però inserirmi nel team che si occupa di ricerca e sviluppo, così da poter apportare qualche miglioria ai dispositivi già prodotti, e anche contribuire nella prototipazione di dispositivi sempre nuovi, che si confacciano alle necessità specifiche dei bambini.

Perché ho scelto di essere volontario E-Nable? Perché la gioia e l’arricchimento che si ha dal mettere a disposizione le proprie competenze per aiutare chi ne ha bisogno sono inspiegabili.

Michele Praga
Storie di Volontari

Volontario: Michele Praga

Diciamo che nella mia vita ho sempre sperimentato sull’elettronica: casa mia è un enorme laboratorio pieno di attrezzature elettroniche. Fin da giovane mi sono dilettato nel produrre invenzioni particolari, mettendo in pratica idee molto strane, anche se non sempre effettivamente utili. Per anni mi sono dedicato al modellismo e ai droni, sbizzarrendomi ad inventare i meccanismi più strani. In quel contesto ho conosciuto Alessandro Villa, che mi ha poi presentato l’associazione.

Fino al 2019, anno in cui è arrivata la pandemia, ho continuato ad intrattenermi con l’elettronica e con i droni. Con il covid, però, ho iniziato a pensare: era un peccato sprecare tutto quello che facevo e non dare un contributo umanitario. Ho sentito il bisogno di dare il mio contributo. All’inizio dell’emergenza pandemica c’era una carenza generalizzata di dispositivi di protezione individuale, ho quindi iniziato a stampare in 3D, con le mie 4 stampati, delle maschere da donare al personale sanitario e a chiunque ne avesse bisogno. Da che pensavo ne avrei prodotte una decina sono arrivato a farne cinquecento: non uno, non due… 500 schermi protettivi. E così mi sono reso conto che fino a quel momento avevo sprecato la mia vita per degli hobby, potevo fare qualcosa di più: potevo fare la differenza. Così, grazie ad Alessandro, ho conosciuto E-nable.

Mi sono messo in gioco, ma all’inizio non mi mancavano i dubbi: non sapevo se sarei stato in grado e non ero neanche convinto mi sarebbe piaciuto essere volontario. Mi è bastata una lunga telefonata con Alberto perché si sciogliesse una buona parte dei miei dubbi: mi sono emozionato nel sentire la storia del progetto. Ho lasciato che l’emozione prendesse il sopravvento e ho scelto di dedicarmi a questa associazione. Mettendo da parte le perplessità mi sono lasciato trasportare ed ho iniziato a lavorare. Sono partito dai vari devices di base a cui potevamo accedere e mi son reso conto che, grazie anche al mio background, non sarebbe per me stato complesso adattarli e migliorarli per le diverse necessità dei bambini. E così, a partire da normali devices, ho iniziato a costruire dei prototipi sperimentali, con elementi elettromeccanici.

Da che ero scettico, ora non riuscirei più a tirarmi indietro. Non dopo aver visto il sorriso di un bambino che utilizza un device che anche io ho contribuito a donargli.

Con il tempo il mio desiderio di aiutare è aumentato sempre più. Mi sono lasciato ispirare e ho iniziato a produrre anche ausili per non vedenti. Ho donato infatti diversi bastoni e berretti che leggono gli ostacoli e vibrano all’Associazione Italiana Ciechi e Ipovedenti.

In quello stesso periodo mi è venuta anche l’idea del bike adapter. Partendo dallo schizzo di un prototipo, nel giro di qualche settimana ho fatto un disegno 3D e l’ho stampato, provandolo personalmente in bicicletta. Alessandro mi ha poi aiutato nel perfezionamento, è riuscito a far venire fuori un capolavoro.

Mi sento un po’ un inventore, e spero di riuscire a tirar fuori qualche altra idea dal mio cappello magico, con la speranza di poter consegnare personalmente degli ausili ai bimbi, e di poter leggere nei loro occhi la contentezza. A causa dei distanziamenti c’è stato un periodo in cui abbiamo sì stampato molti devices, ma c’è stato molto distacco con i bambini: prendevamo le misure da remoto, non li vedevamo se non in video. Una sola volta, ho preso le misure di persona ad un bambino e gli ho poi consegnato io stesso l’ausilio: ho fatto il viaggio di ritorno con le lacrime agli occhi tanta era l’emozione.

Francesca Flore
Storie di Volontari

Volontaria: Francesca Flore

Dopo una laurea in Ingegneria Biomedica, alla triennale, e poi in Ingegneria Meccatronica, alla magistrale, ho lavorato per diversi anni nell’ambito dell’automotive e dell’automazione industriale per poi decidere di cambiare vita e di trasferirmi a Valencia. Due settimane dopo il mio arrivo è successo l’imprevedibile: il mondo si è fermato per colpa della pandemia. E’ stato quello il momento in cui ho deciso di creare un mio progetto. L’avevo sempre voluto fare ma mai avevo messo in pratica questa mia idea. Ho quindi iniziato, con la stampante 3D che avevo in casa, a stampare delle valvole respiratorie che servivano per gli ospedali, venivano infatti adattate direttamente sulle maschere Decathlon.

Sono Francesca Flore, ho 32 anni, e questo è l’inizio dell’avventura che mi ha portata poi a conoscere il progetto E-Nable Italia, di cui da diversi anni sono volontaria.

Nel tempo mi sono sempre più appassionata alla stampa 3D, ho iniziato con il disegno CAD, ho fatto dei corsi, ho lavorato come consulente per un’azienda londinese sempre in questo ambito e ho creato una start-up: un’e-commerce di prodotti stampati in 3D. Volendo però cercare di conciliare la stampa 3D con il settore medicale ho cercato contatti in quel settore. Sono entrata in contatto con associazioni veterinarie, che donavano devices per animali, immaginando che lavorare sulle persone sarebbe stato molto più burocratico e complesso. Prima di conoscere E-nable, ho comunicato con un’associazione colombiana che produce sempre ausili per bambini.

Sono invece entrata in contatto con Alberto, e quindi con E-nable, grazie a Francesca Albano. Lei faceva parte di una community di ingegneri biomedici con cui mi ero interfacciata precedentemente. Alberto mi è piaciuto subito molto, mi ha raccontato la sua esperienza e come sono nate E-nable ed EFP. Poiché le mie competenze erano attinenti al loro ambito di lavoro e potevano essere utili per customizzare i devices per i diversi bambini mi sono avvicinata a questa realtà con entusiasmo. Definirei gratificazione e forse anche felicità le emozioni che si provano nel vedere il primo device customizzato al braccio di un bambino.

Grande è in me la voglia di imparare e conoscere qualcosa di nuovo. In E-nable, ora più che mai, questo è possibile. L’associazione sta crescendo, fanno parte del gruppo profili professionali vari e diversi, e questo mi porta a imparare ed arricchirmi, sempre con l’obiettivo di migliorare il contributo che posso dare all’associazione. Di fatti, per ampliare sempre più le mie vedute a trent’anni mi sono iscritta ad una nuova specialistica in ingegneria biomedica al politecnico di Valencia e grazie a quella specialistica sono venuta in contatto con un centro di ricerca all’interno di un ospedale, nel quale attualmente lavoro su un progetto di ricerca per stampa 3D per la produzione di modelli anatomici per le pianificazioni chirurgiche o per docenza.

Fino ad oggi ho customizzato i devices, ho però l’obiettivo di inserirmi in progetti nuovi per poter dare una mano, anche a seguito di un periodo di formazione per poter acquisire competenze che ad oggi non possiedo.

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